SAN MICHELE DEL GARGANO
di Giorgio Otranto
Nel V secolo il culto micaelico si insediò in una grotta del Monte Gargano dove, secondo la tradizione, l’Angelo apparve tre volte al vescovo sipontino Lorenzo.
La grotta divenne in seguito mèta di pellegrini provenienti da diverse regioni italiche ed europee (Longobardi, Franchi, Inglesi, Sassoni, Ispanici): un fenomeno che si è perpetuato fino ai giorni nostri. Nel VII secolo la grotta-santuario attirò l’attenzione dei Longobardi di Benevento, i quali conquistarono la regione garganica, posero la diocesi sipontina sotto la propria giurisdizione e fecero di Michele e del santuario garganico rispettivamente il proprio santo e il proprio santuario nazionale. All’interno della grotta la dinastia longobarda fece eseguire opere di ristrutturazione, come testimoniano alcune delle circa duecento iscrizioni (secoli VII-IX) incise o graffite nella parte più antica del santuario: tra queste epigrafi, quattro sono in caratteri runici.
Durante il Medioevo la grotta garganica costituì un vero e proprio modello di santuario in Italia e in Europa. Alla vita del santuario si interessarono i Bizantini, i Normanni e soprattutto gli Angioini che nel XIII secolo, con una serie di modifiche strutturali, diedero al santuario una nuova configurazione, che sostanzialmente conserva ancora oggi. Centro di culto e di alta spiritualità, il santuario è attualmente affidato alle cure dei Padri Micheliti.
Dal 2011 le tracce dei Longobardi custodite nel Santuario sono iscritte nella prestigiosa Lista dei Beni Patrimonio Mondiale dell’Umanità tutelato dall’UNESCO nell’ambito del Sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)” insieme a Cividale del Friuli, Brescia, Castelseprio, Spoleto, Campello e Benevento.
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